È finalmente realtà la prima filiera etica e agroalimentare italiana NoCap, frutto di una lotta quotidiana contro il caporalato. La accoglie una terra aspra, dura, dove la stagione estiva pullula di braccianti stranieri e non, con il sole cocente sulla schiena e un quintale di pomodori raccolti a due euro.
È il foggiano, il mezzogiorno che si ribella allo schiavismo.
NoCap nasce da un’intesa tra il gruppo Megamark di Trani, l’associazione internazionale anticaporalato NO CAP e Rete Parlaterra.
“Un sogno che si avvera” ha commentato Yvan Sagnet, attivista di origine camerunense e fondatore dell’associazione NoCap.
Arriveranno così negli scaffali dei supermercati prodotti, quali conserve di pomodoro biologico, frutta e verdura fresca contrassegnati tutti dal bollino etico “NoCap”.
Il progetto mira a contrastare il caporalato e il lavoro irregolare nel settore agricolo, fenomeno che marchia ancora il mezzogiorno e molte delle campagne della penisola italiana.
È solo di settembre la notizia di 41 uomini denunciati dai Carabinieri durante i controlli anti-caporalato nella vicina Potenza, nelle campagne di Lavello e Venosa. NoCap garantisce, dunque, ai consumatori un frutto della terra etico, proveniente da mani e braccia non sfruttate.
Nel protocollo firmato il mese scorso, infatti, il Gruppo Megamark si è impegnato ad acquistare prodotti agricoli etici garantiti dal bollino NoCap. Questo sarà rilasciato alle imprese agricole e di trasformazione dopo apposite verifiche effettuate dagli ispettori dell’Associazione NO CAP e, successivamente, dall’ente di certificazione DQA accreditato presso il Minpaf e Accredia.
In questa fase di avvio del progetto sono stati assunti più di un centinaio di lavoratori, interessando tre aree del Sud: Puglia, Basilicata e Sicilia. Al momento, infatti, NoCap coinvolge una ventina di azienda e 100 braccianti extracomunitari, selezionati all’interno di ghetti e baraccopoli delle tre regioni, e sottratti così alla malavita e al ricatto dei caporali.
“Questo progetto segna un primo passo per sconfiggere il caporalato – ha confermato Yvan Sagnet, arrivato in Italia nel 2007 e a capo della protesta dei braccianti di Nardò del 2011 da cui ebbe origine l’iter per la legge sul caporalato. “Tuttavia è necessario che ognuno faccia la propria parte, in primis chi deve applicare la legge 199/2016, finora disattesa nella parte relativa alla prevenzione e alla creazione di reti tra istituzioni, centri per l’impiego, ispettorati, imprese e lavoratori. Anche ai consumatori chiediamo attenzione e maggiore consapevolezza nell’acquisto dei prodotti”.
E allora NoCap si marchia di umanità.
E dentro a un barattolo di salsa, a un pomodoro ci sono dignità e rispetto. Per il lavoro e la manodopera, e poi per la terra, l’ambiente e il paesaggio. Ci sono i contratti di lavoro regolari, i mezzi di trasporto adeguati dalle campagne a casa, e viceversa. Ma ci sono anche le morti, quelle dei tanti senza nome. Probabilmente ribellati ad un sistema degradante, e per questo uccisi e seppelliti a volte con una sola data incisa nel cemento. Sono i nuovi schiavi di cui Alessandro Leogrande, Giornalista, tanto parlava. “Le rivoluzioni vanno fatte per i vinti di ieri, per chi non ha più voce, non solo per i vivi”, scriveva Leogrande in “Uomini e Caporali”. E NoCap, prima filiera agroalimentare italiana contro il caporalato, fa la sua rivoluzione anche per tutti noi, consumatori con in mano il grande potere della scelta.
Scrivi un Commento