Victoria Cillieris e il marito Emile sono due paracadutisti provetti. Un giorno, poco prima del lancio, lui si chiude nel bagno dell’aerodromo e manomette di nascosto entrambi i paracadute della moglie. Sia quello di ordinanza sia quello di riserva. Toglie tutte le cinture che in gergo prendono il nome di slink.

Victoria ignara di tutto e beata, sale sull’ aereo da turismo e si lancia nel vuoto da un’altezza di 1.200 metri.

Per un’istruttrice esperta come Victoria doveva essere solo uno dei tanti voli di routine, ma si è trasformato in poco tempo in incubo e poi in un miracolo.

Questa storia presenta, dunque, un lato nero e terrestre, quello riguardante Emile: persona diabolica, fredda, cinica e fortemente indebitata. E’ per quest’ultima ragione che cerca di ammazzare la povera moglie per intascarsi i 150 mila euro dalla sua assicurazione sulla vita, lasciando orfani di madre i suoi figli.

Pochi giorni fa l’uomo è stato condannato da un tribunale dopo un processo seguitissimo dai media.

C’è, poi, il lato celestiale della vicenda, quel salto (quasi) certamente mortale durato meno di 30 secondi che porta a domandarci: come ha fatto Victoria a sopravvivere cadendo da oltre un chilometro di altezza?

Innanzitutto bisogna dire che ha avuto molta fortuna, un lieto fine è estremamente raro in queste circostanze. Il corpo in caduta libera raggiunge la velocità massimo di 200 km orari dopo circa 500 metri in soli 13-14 secondi. Per cercare di aumentare al massimo l’attrito dell’aria, bisogna mettersi a pancia in giù, con le braccia e le mani aperte e la testa sollevata. Nella posizione consigliata si può provare a navigare nell’aria, cercando di trovare il miglior punto di atterraggio possibile. Può essere uno specchio d’acqua, un terreno relativamente soffice.

Nel 2009 un inglese, James Boole, piombò da oltre 1.800 metri sulla neve, in Russia. Lasciò un cratere ma sopravvisse. Nel 2006 Michael Holmes, esperto skydiver, cadde da un’altezza di 3,2 chilometri, dopo che i suoi paracaduti non si erano aperti, atterrando su un cespuglio di more. Anche lui fortunatamente si salvò.

Lo svedese Bjornsting ha condotto vari studi sulle cadute con (o senza) paracadute.

Ha dimostrato che quando si raggiunge la velocità massima di 200 km orari occorre avere almeno mezzo metro di distanza di decelerazione sulla superficie di impatto per ammortizzare la botta. In seguito, dalla posizione aperta a pancia in giù è meglio passare quella in piedi. Qualche frattura è assicurata, ma ci si può salvare la vita.

Ed è proprio questo che è successo a Victoria Cilliers: tante ossa rotte ma è sopravvissuta. Il suo mezzo metro di decelerazione gliel’ ha regalato un contadino che avevo arato il campo in profondità.

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Riguardo l'autore

Daniele D'Amato

Direttore Responsabile. Giornalista, fotografo e insegnante; lauree in Scienze della Comunicazione e in Sociologia e Ricerca Sociale; masters in DSA e in ADHD. Fondatore e Presidente dell’associazione fotografica Photosintesi per 10 anni; fondatore e direttore editoriale della testata fotografica IVISIVI; Amministratore dello studio fotografico Comunickare; Collaboratore di “Fotografia Reflex”; docente di Linguistica delle immagini e Metodologia del Portfolio nelle scuole di fotografia; fondatore e Presidente del Collettivo Fotografico Xima.

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